Home

Il Convento dell'Isola Bisentina negli annali manoscritti

Il Convento dell’Isola Bisentina dei Signori Farnesani, è uno dei più curiosi e deliziosi della nostra Provincia, e forse della Religione in tempo della primavera e di autunno; però di estate è abominevole ai frati e ai secolari per rispetto della cattiva aria, dove ogni anno, tutti o quasi tutti i frati di quella famiglia si infermano, e spesse volte ne muoiono.
Questo Convento è situato sopra di uno scoglio nell’ampio e spazioso lago di Bolsena, dove fu martirizzata Santa Cristina Vergine e Martire; e tra le altre pene e martirii che gli furono dati, fu sommersa con una grande pietra al collo in detto lago, dove tutti i circonvicini possono pescare liberamente; anzi raccontano alcuni vecchi, che volendo un anno i Signori vendere la pesca, non si sorprendeva nelle reti pesce alcuno, ma solamente rospi, e così fu lasciata di nuovo libera; il che attribuiscono alla carità della stessa Santa, che vuole che tutti i poveri godano di quel lago, dove Lei fu martirizzata, senza peso alcuno. Il lago circuisce 30 miglia, e quasi intorno intorno è circondato da Terre, e dentro di esso vi sono due Isole, una detta Isola Martana, per essere più vicina a detta Terra di Marta, ed è molto sassosa ed alpestre, dove sta un Convento dei Padri Minimi di San Francesco di PaoIa.
L’altra si chiama Bisentina, per essere incontro alla Villa di Bisenzo, ed è molto amena e dilettevole, in quei due tempi particolarmente (come abbiamo detto di sopra), e circonda un grosso miglio, una parte della quale contigua con il Convento, e con la Chiesa Maggiore, e tutta piana, circondata di muraglia, e dichiarata clausura, dove non possono entrare donne in alcun tempo dell’anno, e quivi i frati fanno l’orto e vi hanno molte piante di frutti, ed alcune di pigne antichissime di meravigliosa altezza e grossezza. Il restante dell’Isola, dove può praticare ogni sorta di gente per devozione, parte è piana e parte è montuosa, però con le strade molto agiate e ombrose, per esservi gran copia d’elci, d’olivelli, di platani, d’olmi ed altre piante, sicché d’estate e d’inverno, sempre si scopre quasi tutta l’Isola verdeggiante e allegra.
Quel che fa frequentare detta Isola per devozione nel tempo particolarmente della primavera, oltre l’amenità suddetta, è la devozione di sette Chiese che vi sono; la prima delle quali è dedicata a Santa Concordia Martire, la 2a al P.S. Francesco, la 3a a Cristo Signore Nostro mentre orava nell’orto con i 3 suoi discepoli, e si chiama Monte Oliveto, la 4a a S. Pio Papa e Martire, la 5a S. Gregorio Papa, la 6a a Santa Caterina Vergine e Martire, e la 7a similmente al nostro dolcissimo Redentore Crocifisso per noi, e si chiama Monte Calvario. Alle quali Chiesette, la felice memoria di Papa Paolo 3° Farnesano l’anno 1539 ai 20 di Marzo, ad istanza di Pier Luigi Farnese, Duca di Castro e Confaloniere di Santa Chiesa, concesse le medesime Indulgenze, che si conseguiscono visitando le Chiese di dentro e fuori di Roma, a quelli, che in qualsivoglia tempo dell’anno, visiteranno almeno due o tre di dette Chiesette confessati, o con intenzione di confessarsi nei tempi ordinati dalla Chiesa, pregando per l’esaltazione di Santa Chiesa, come apparisce più ampiamente nel breve che si conserva in detto Convento.
Nella quarta di queste Chiesette, che ora si chiama da tutti comunemente S. Pio, non vi è dipinto altrimenti detto Santo, ma sebbene la Trasfigurazione di Nostro Signore, e vi sono le memorie di Papa Pio Secondo, il quale andò in detta Isola l’anno 1461. Vi sono due Cappellette, una dentro dell’altra, nell’ultima più in dentro vi è l’Altare della Trasfigurazione, e fuori della prima porta a mano destra vi è dipinto detto Pontefice, ai piedi del quale stanno inginocchiati tre frati Zoccolanti, il Pontefice è dipinto a sedere con la mano destra alzata in modo di dar la benedizione e concedere qualche grazia, e dalla sua bocca par che escano le sottoscritte parole, scritte con lettera tanto antica “Remissionem peccatorum pro tertia parte, in Transfiguratione D.ni Nostri, et Salvatoris Jesu Christi, sexta die Angusti, et in Festo Sancti Pii Papae, et Martiris praedecessoris nostri undecima die Julii pro totidem in forma Ecclesiae Christi Fidelibus visitantibus hoc Oratorium, nostra Auctoritate Apostolica, vivae vocis oraculo concessimus, perpetuo valituram”. Il detto Convento dell’Isola non fu fatto da principio per noi, e però non è conforme al nostro ordinario modello, ed eccede in grandezza in tutte le sue parti dei nostri Conventi ordinari, nel claustro, nel dormitorio, nel refettorio e nella Chiesa, la quale è molto magnifica, fatta a volta con la cupola, l’Altare Maggiore e due Cappelle con quadri da buonissima mano dipinti, con il Coro alla Monacale con 24 seggi grandi con i suoi inginocchiatoi, e leggio il tutto di noce, nobilmente lavorato.
Nella Chiesa sono tre cassoni, foderati tutti di velluto nero, posti in alto, nei quali stanno i corpi di alcuni Signori Farnesani, cioè del Duca di Castro Pier Luigi suddetto, due Cardinali ed altri; e però l’Altare di S. Giacomo Apostolo; si tiene per tradizione, che sia Privilegiato, sebbene al Convento non v’è memoria alcuna. In detta Isola e Convento vi hanno stanziato 169 anni i Padri Zoccolanti, dal tempo di Papa Eugenio 4° l’anno 1430 sino al tempo della felice memoria di Papa Clemente Ottavo l’anno 1599 nel quale anno, risoluto l’Ill.mo e Rev.mo Sig. Cardinale Odoardo Farnese, ed il Serenissimo Ranuccio Duca di Parma e di Piacenza, di levar detti Padri, come devotissimo della nostra Religione, fecero grande istanza ai nostri Padri, che volessero accettar detta Isola. Ma non giudicando bene di accettarla per molti rispetti, li ringraziarono e vi fecero grande renitenza; prima per non disgustare quei Padri, che vi erano in atto, secondo, per rispetto della cattiva aria molto nociva, terzo, per la gran fatica, che si vedevano addossare, essendo necessario, che tutti i frati, che dovevano stare in quel luogo di famiglia dovessero imparare a remare, e diventare Galeotti (per così dire) e barcaiuoli; e per molti altri rispetti fecero grandissima resistenza per non accettarla. Ma la causa principale, che li muoveva a ripugnare, fu la tema di non poter vivere in detta Isola di mendicità, e stare nella pura osservanza della Regola, che noi professiamo; alle quali difficoltà si opposero con molta prudenza e caldezza i Signori suddetti, sino ad interporvi l’Autorità del Papa, per levare ogni scrupolo ai nostri Padri, i quali tuttavia mostrandosi duri e renitenti, si risolse il m.r.p.f. Girolamo da Castel Ferretti, allora nostro Generale, di servirsi della sua autorità per compiacere e condiscendere alla devozione di quei Signori; e però comandò al p. Prov.le che era il r.p.f……………..ed agli altri Padri della Provincia che l’accettassero, che altrimenti S.P.tà avrebbe fatti venire i frati dalla Marca, ed avrebbe preso lui quel Convento per quella Provincia, per quanto si diceva tra i frati; e così fu accettato, fu preso possesso, e mandato per 1° Presidente, per mettere in ordine il Convento e restringere la clausura, il p.f. Francesco Bergamasco, uomo esemplarissimo e di santa vita, con quattro frati, due Sacerdoti, che furono il p.f. Pellegrino da Vallerano ed il p.f. Basilio da Arquata, e due Laici, cioè f. Lorenzo Bergamasco e f. Fortunato da Gradoli, dai quali, pulito ed accomodato il Convento nel miglior modo che si poté, conforme al nostro stato; nel seguente Capitolo poi vi fu fatto il Guardiano e collocata famiglia formata, e per l’ordinario vi stanno 14 o sedici frati di famiglia, molto ben trattati da quei Signori e loro successori e ministri.
Con tutto ciò, per rispetto della cattiva aria, e per i molti contrapesi ed incomodi che i poveri frati vi hanno, più che di buona voglia, con le mani giunte e con le ginocchia in terra la lascerebbero ogni volta che il Serenissimo Sig. Duca Odoardo ci volesse far grazia di riprenderlo, e mandarvi altri Religiosi a suo beneplacito, e godersi con buon pro i pesci, i conigli, ed altre cose che a noi generano tanta nausea e fastidio; e di già il Padre nostro Prov.le ha proposto di fare una pronta ed affettuosa rinuncia. Con tutto che detto Convento dell’Isola sia molto scomodo ai popoli circonvicini per il viaggio, e non vi si possa andare, se non con la barca, non vi fu però piccolo concorso alla devozione il giorno del nostro Beato Felice, che oltre a molte persone di Marta, Capo di Monte e Bisenzo, vi andarono sino a cento tra uomini e donne di Gradoli, accompagnati dal Curato o Priore di detta Terra, il quale dopo aver esortato il suo popolo di andare a conseguire l’Indulgenza e venerar la festa del Beato, volle andarvi anch’esso per detti effetti, e per comodità delle stesse sue Pecorelle, per poterle riconciliare, avendone bisogno, e conseguir l’Indulgenza con maggior purità e devozione; dove anche furono pasciute con la parola di Dio dal p.f. Felice da Castel Durante, a gloria del Beato.
In questo Convento stettero i nostri frati circa trentadue anni, perché vi andarono nel 1599 e partirono nel 1631.

(annali Manoscritti, vol. I, pp.170-174)