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I frati minori Cappuccini



Francesco d’Assisi (1182-1226) prima della sua conversione era un giovane brillante, amante delle feste e del lusso, notissimo tra i suoi compagni, che lo consideravano “il re della festa”, anche perché era sempre lui che pagava.
Dopo l’incontro con il lebbroso e con il crocifisso a San Damiano, confessa che ciò che gli sembrava amaro, gli fu convertito in dolcezza dell’anima e del corpo.
Prima inseguiva ideali cavallereschi e avventure guerriere, dopo diceva di essere l’Araldo del Gran Re.
Sia prima che dopo la sua conversione, attorno a lui ci fu sempre un gran numero di persone. A lui si unirono persone sempre più numerose, sia di Assisi che del contado, nel seguire il Vangelo come norma di vita. Per loro Francesco scrisse una Regola che comincia così: Questa è la regola e la vita dei frati minori: vivere secondo la forma del santo Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo.

Ecco la parola che Francesco scelse per i suoi frati: minores, parola che indicava allora la gente semplice, il popolo, senza potere. Invece, con il termine maiores s’indicavano le persone che avevano il potere della politica, del denaro e del sapere. Nacquero così i frati minori: gente del popolo e gente del Vangelo.

Dopo la morte di San Francesco, i frati minori si sono divisi in tre grandi Ordini: Frati minori Conventuali, che abitano in grandi strutture conventuali e vestono di nero; i Frati Minori, che sono il risultato della riunione di molti istituti francescani voluta da Leone XIII nel 1897 e i Frati minori Cappuccini, che vestono il saio color… cappuccino, appunto, (la bevanda ha preso il nome dal primo cappuccino che lo inventò per i soldati, fr. Marco d’Aviano), hanno un cappuccio aguzzo attaccato al saio e si fanno crescere la barba.

La nascita e lo sviluppo della Riforma dei Cappuccini è piena di colpi di scena, per chi voglia divertirsi a leggerla nelle fonti.
Ecco sommariamente come andarono le cose.
Cominciò Matteo da Bascio, un giovane frate marchigiano trentenne, a Montefalcone (AP). Diceva che la Regola di San Francesco andava osservata meglio. Volle provarci lui stesso. Scelse di vivere in luoghi solitari, poveri di cose e di comodità, indossò il saio come lo vedeva nelle immagini antiche dipinte di san Francesco, si fece crescere la barba e andò in giro per l’Italia predicando la penitenza a la parola di Dio. Nell’anno santo 1525 venne a Roma e si mise a servizio dei malati dell’ospedale di San Giacomo degli Incurabili. Qui lo raggiunsero i due fratelli Ludovico e Raffaele da Fossombrone, che ottennero di abitare in una casetta vicina alla chiesa di Santa Maria dei Miracoli. Qui venne anche una delegazione di frati calabresi, che avevano iniziato anche loro a vivere come frate Matteo. Si unirono ai marchigiani: erano tutti frati Cappuccini.
Il 7 ottobre 1526 una disastrosa piena del Tevere fece sloggiare i fraticelli, che trovarono rifugio nel monastero abbandonato di Sant’Eufemia, vicino a Santa Maria Maggiore. In questo luogo, nel 1535, i frati si riunirono a Capitolo, elessero il primo Vicario generale nella persona di frate Bernardino da Asti, fissarono le prime norme organiche del nuovo Ordine con la stesura delle Costituzioni e furono istituite le Province dell’Ordine, ormai sparso un po’ dovunque.



Le madri dei Cappuccini



Come ognuno di noi ha una mamma, così anche l’ordine dei Cappuccini, i quali, anzi, ne hanno avute almeno due.
La mamma che li ha protetti e difesi nel loro nascere è stata Caterina Cybo, Duchessa di Camerino. Li ha difesi e accolti nel suo palazzo, li ha inviati a Viterbo dallo zio Papa Clemente VII accompagnati da una sua lettera di raccomandazione, grazie alla quale ottennero l’approvazione pontificia ufficiale il 3 luglio 1528. Quando vennero a Roma, fu lei che li raccomandò ai suoi fratelli, gestori dell’Ospedale di San Giacomo degli Incurabili; da essi ottennero la piccola abitazione vicina a Santa Maria dei Miracoli.
Una volta a Roma, i Cappuccini trovarono una seconda madre: Vittoria Colonna, alla quale Caterina stessa raccomandò i suoi Cappuccini; infatti, le due famiglie erano amiche da vecchia data.
Furono queste due donne che convinsero il Papa, che aveva espulso da Roma i Cappuccini, a farli tornare poco dopo a Sant’Eufemia.
Quando Caterina rinunciò al Ducato a favore della figlia e si ritirò a Firenze, dove morì il 17 febbraio 1557, Vittoria Colonna moltiplicò le sue attenzioni per i suoi protetti. Era una donna nobile, colta, pia e molto influente: ci sono rimaste molte lettere scritte da lei a varie personalità del tempo a favore dei Cappuccini.
Fra l’altro convinse l’imperatore Carlo V, quando venne a Roma, a visitare il convento di Sant’Eufemia affinché si rendesse conto di persona delle falsità che aveva scritto su di loro al Papa. Ne uscì con le idee più chiare, meravigliato e edificato dalla loro vita.
Li difese presso Papa Paolo III Farnese, fino ad ottenere per loro l’autonomia giuridica dagli altri francescani.
Squisitamente femminile il gesto di procurare a tutti i frati capitolari un saio nuovo.
Si accorse anche che lo stabile di Sant’Eufemia era ormai cadente e stretto per tanti ospiti. Procurò loro la chiesa di San Nicola de Portiis vicina al suo palazzo e sul suo terreno costruì il nuovo convento poi detto di Santa Croce o di San Bonaventura, vicino all’attuale Fontana di Trevi, dove rimasero dal 1536 al 1631, quando passarono al nuovo convento di Piazza Barberini.

Chi visita il cimitero-Cripta dei Cappuccini di Via V. Veneto a Roma, può vedere, nella parete sinistra della Cappella per la Messa, un involucro di piombo a forma di cuore. Racchiude il cuore di Maria Felice Peretti, pronipote di Papa Sito V Peretti, morta il 7 febbraio 1656. Prima di morire chiese di essere vestita del saio dei Cappuccini e, poiché come donna non poteva essere sepolta nel loro cimitero, dispose che vi fosse portato il suo cuore, perché – come si legge nella lapide- si considerava loro madre.

Chi ad Assisi scende sotto la basilica per vedere la tomba di san Francesco, può notare che in fondo alle scale, protetta da una grata, di fronte a quella di Francesco, c’è la tomba di Giacomina dei Sette soli, che Francesco, confidenzialmente chiamava frate Jacopa. Il santo di Assisi, quando stava per morire, espresse il desiderio di gustare i mostaccioli che lei gli preparava ogni volta che lo ospitava a Roma. La nobil donna romana arrivò al momento giusto con i mostaccioli e con un lenzuolo per avvolgere il corpo di Francesco. E, forse, in quel momento, una irresistibile carezza materna non mancò.

Con lo stesso spirito, con lo stesso stile, Caterina Cybo e Vittoria Colonna (e tante altre, come Maria Felice Peretti), si son prese cura con affetto materno dei Cappuccini – come le pie donne che seguirono Gesù fin dopo il Calvario – che desideravano vivere in modo autentico lo spirito che animò la vita di Francesco d’Assisi, osservando, con semplicità e letizia, la sua Regola e il santo Vangelo.

Per saperne di più:

D’Alatri Mariano, I Cappuccini. Storia d’una famiglia francescana. Roma 1994. Istituto Storico dei Cappuccini, 280 pp.

Rinaldo Cordovani


Madonna dei miracoli - Chiesa di San Giacomo Roma





Fra Matteo da Bascio





Caterina Cybo





Vittoria Colonna





Il cuore di Maria Felice Peretti
(Cripta della Chiesa dell'Immacolata Roma)