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Una nuova opera di Guido Reni?



Chi entra nella raccolta chiesa dell’Immacolata Concezione annessa al convento dei frati cappuccini in Via V. Veneto a Roma, non può sottrarsi al fascino immediato esercitato dal San Michele Arcangelo di Guido Reni, che lo eseguì a Bologna e lo fece trasportare qui da un suo discepolo. Glielo aveva commissionato Urbano VIII espressamente per questo altare, segnato dallo stemma dei Barberini, che hanno voluto e costruito il convento e la chiesa. Se questo dipinto è da tutti ammirato e visitato, non lo è, invece un altro dello stesso autore, San Matteo, che si trova nella parete destra del coro, posto dietro il presbiterio. La tela, assieme alle altre tre rappresentanti gli evangelisti, è esposta alla Fondazione Memmo del Palazzo Ruspoli in Roma, dal 14 aprile al 18 luglio, nell’ambito della mostra “I colori del buio”.
Per molti visitatori rappresenteranno una gradita sorpresa e forse, per qualcuno, anche una novità, specialmente leggendo che il San Matteo è opera di Guido Reni. I quattro dipinti furono donati ai cappuccini dal bolognese Giacomo di Taddeo Domenichini per la chiesa dell’Immacolata Concezione con documento notarile stilato in Roma nella sua casa “in Regione Arenulae” il primo agosto 1642. Si leggono i nomi del donatore, dei destinatari e degli autori, che sono: San Giovanni di Lionello Spada, “ pittore del Serenissimo Duca di Parma”; San Matteo di Guido Reni, San Luca di Lucio Massari, “socium domini Carafae”; San Marco di Alessandro Tiarini.
Tutti e quattro bolognesi e contemporanei del donatore. L’annalista dei cappuccini romani, padre Giovanni Battista Pinardi da Collevecchio, narra la donazione e il trasporto dei quadri con tale ricchezza di particolari da far pensare che ne sia stato testimone.
Furono collocati nelle pareti del coro e lì sono sempre rimasti secondo la volontà del donatore espressa nell’atto notarile, che l’annalista cappuccino trascrive per intero. Il motivo della donazione è la devozione verso l’Immacolata Concezione – alla quale è dedicata la chiesa - e verso i cappuccini, che dovranno pregare per lui e dovranno esporre i quadri in chiesa o nel coro, da dove nessuno mai dovrà asportarli, se non i cappuccini stessi nell’eventualità che cambiassero abitazione. E’ pressappoco la stessa clausola che si trova nel cartiglio allegato al tanto discusso dipinto del Caravaggio “San Francesco in meditazione”, donato ai cappuccini stessi da Francesco de’ Rustici (“Il S.re Francesco de Rustici da sto quadro a i padri cappuccini con tale comando che non si possi dare a nissuno”).
Per coloro che hanno rimosso recentemente i quadri per restaurali e poi esporli nella mostra “I colori del buio”, è stata una sorpresa leggere il biglietto attaccato sul retro delle cornici, nel quale si cita l’autore del dipinto relativo e si richiama la volontà del donatore.
La cosa era ben nota fin dal 1991 a padre Tarcisio Riccardo Mannetti che pubblicò uno studio attento e scrupoloso, da un punto di vista storico e documentale, sui quattro evangelisti donati dal Domenichini su L’Italia Francescana, n. 4, luglio-agosto 1991, pp. 270-292. Il frate studioso precisa, però, che le cornici originali dorate furono sostituite per disposizione del Ministro Generale dei cappuccini durante la visita canonica del 1643. Ed afferma, da buon paleografo, che la scrittura non è del milleseicento, ma della fine del millesettecento o degli inizi del milleottocento. Si può notare, anche, che le scritte non sono tutte della stessa mano. Osserva, inoltre, che “nell’asse inferiore della cornice di San Matteo è incollata una scritta su carta: ‘La testa di questo s. Matteo è di mano di Guido Reni’. Se la cornice fosse originale e la scritta dell’epoca, potrebbero sorgere delle perplessità, in quanto l’atto notarile non distingue tra la testa dell’Evangelista e il resto dell’immagine, ma dice semplicemente: "Imaginem S. Matthei per Dominum Guidorenum”.
La sorpresa di chi ha letto ultimamente quei cartigli nel retro delle cornici dei quattro evangelisti del coro dei cappuccini, è stata, più che per una scoperta ed una novità, per un lieto arricchimento del sapere che, come ogni bene, vuole essere fatto conoscere, come dice l’antico adagio: “bonum est diffusivum sui”.
C’è da augurarsi che la Soprintendenza prenda in considerazione anche il restauro degli altri due dipinti, attribuiti al Reni o alla sua cerchia, che sono nell’antesagrestia della chiesa dei cappuccini. Sono due ovali che raffigurano l’uno la Vergine annunciata e l’altro l’angelo Gabriele.




San Matteo del Guido Reni

Rinaldo Cordovani
Responsabile dell’archivio dei cappuccini romani