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I CAPPUCCINI E LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Quando scoppia la guerra
la prima a morire è la verità!
    


A tutt’oggi sappiamo esattamente cosa successe quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale?
Cosa avvenne di preciso sul fronte e cosa facevano i nostri soldati per non perire?
Il flagello più grande dell’umanità è senza dubbio la guerra. In essa, la Croce Rossa Italiana ha svolto un ruolo fondamentale di attività soccorritrice umanitaria, essendo presente in tutte le guerre combattute dall’Italia. Il suo corpo è formato di personale regolarmente arruolato, ausiliario delle Forze Armate dello Stato. Nel suo insieme di persone arruolate, la CRI ha sempre fatto rivestire varie categorie di personale quali medici, farmacisti, infermiere, commissari, contabili e cappellani. Questi ultimi, i Cappellani Militari, hanno rappresentato il momento più alto di dedizione e spirito di sacrificio, tanto da superare il più delle volte le possibilità umane: assistendo morti e vivi, raccogliendo nomi e ultime volontà, accompagnando i feriti al trapasso, curando la sepoltura, mettendo luce dove ormai il buio era la sola e unica presenza. Questa era la loro missione: preparare gli animi al sacrificio attraverso la parola di Dio, spargere il bene e infondere coraggio nei soldati. La presenza di un cappellano militare tra i soldati era fondamentale, con loro egli condivideva gioie, dubbi, malinconie, dolori, allo stesso tempo infondeva la garanzia che il compito di un militare in quel momento così orribile era un segno importante della storia che si contrappone alla guerra. Essi stessi diventavano ministri della sicurezza e della libertà del loro popolo, se eseguivano rettamente il loro compito, concorrevano alla stabilità della pace.
L’ordine dei Frati Minori Cappuccini ha svolto da sempre un compito tanto doloroso quando glorioso: assistere i militari divisi tra ospedali da campo e campi di battaglia come cappellani nel servizio spirituale, infermieristico e patriottistico. Non era una novità che i cappuccini fossero chiamati a tale duro ruolo sia per terra che per mare, infatti già l’iniziatore della Riforma cappuccina, Matteo da Bascio, tra il 1546-47 prestò assistenza spirituale alle truppe pontificie inviate in Germania da Paolo III sotto il comando di Ottavio Farnese contro i protestanti della lega Smalcaldica . San Lorenzo da Brindisi, nel 1601 guidava i soldati dell’imperatore Mattia alla vittoria contro i turchi ad Alba Reale, a seguire P. Giuseppe Antonio Romano, viene ricordato per la sua partecipazione militare nel manoscritto “Li Viaggi di Levante fatti dalle Galere Pontificie e Maltesi in soccorso delle Armi Venete” . P.Marco d’Aviano fu chiamato dall’imperatore d’Austria come suo consigliere militare e cappellano dell’esercito contro i turchi con la vittoria di Vienna del 12 ottobre 1683. Marc’Antonio Colonna, informando il Papa della famosa battaglia di Lepanto del 7 ottobre 571, scrive che i cappuccini si sono comportati “mirabilmente; nel fatto d’arme mostrarono molto fervore et zelo della fede cristiana et dell’honor divino” . Infine Padre Ludovico da Bagnaia (Marescalchi Domenico 1822-1901) è stato l’ultimo cappellano cappuccino della flotta pontificia . Così in epoche passate i Papi li avevano chiamati sulle proprie galee pontificie come in tempi recenti la stessa Croce Rossa li aveva assunti ad aiuto sui propri treni o negli ospedali da campo. L’8 febbraio 1887 il Ministro Generale dell’Ordine Minori Cappuccini il Rev.mo Padre Bernardo d’Andermatt e il presidente della Croce Rossa Italiana il Conte Gian Luca Gavazzi della Somalia stipularono una convenzione per mettere a disposizione i propri frati come cappellani nei territori colpiti dalle guerre.
È importante mettere in evidenza la scelta dell’ordine dei cappuccini e perché proprio loro furono i più numerosi a partecipare in Italia? Perché l’Ordine dei Frati Minori è sempre stato in mezzo alla gente, al popolo, essi sono stati sempre ‘frati di popolo’. Non hanno mai fatto una vita di monastero, né sono stati mai monaci, perché il loro indirizzo culturale sin dalle origini era quello di vivere con la gente, aiutando i sofferenti, i deboli, i poveri e quant’altro di misero la terra potesse creare.
Nella sua organizzazione la Croce Rossa Italiana ha sempre tenuto in Ruolo i Cappellani concedendo loro il grado di capitano, ma questa qualifica durò finché non scoppiò il primo conflitto mondiale. Infatti durante la guerra, i cappellani militari vennero nominati tenenti. Sin dall’inizio della guerra nel 1915 l’Ordine dei frati minori cappuccini mise a disposizione della Croce Rossa anche il proprio Collegio Internazionale “S.Lorenzo da Brindisi” di via Boncompagni in Roma, per ricoverare i feriti.
Quando fu pubblicata, all’inizio della prima guerra mondiale, la circolare nella quale il Rev.mo Padre Generale invitava i Ministri Provinciali Italiani a scegliere chi fosse idoneo a fare il cappellano militare, nacquero diversi problemi. La scarsa quantità di persone nelle varie comunità della provincia romana non permetteva di poter dare un’ampia scelta, così anche i missionari che erano impegnati nelle varie zone del mondo, non contribuirono a questo nuovo incarico.
La loro presenza significava moltissimo all’interno dell’esercito, avere un sacerdote, un chierico in sacris o un chierico non in sacris, che fossero cappuccini militari in qualità di cappellani era per l’animo dei soldati un viatico a continuare a combattere e a farsi forza nelle difficoltà del quotidiano. I religiosi cappuccini solo della Provincia Romana chiamati alle armi nella guerra del 1915-18 furono 137 e di laici 26 per un totale di 242 richiamati alle armi; di questi morirono in guerra o per causa della guerra 17 e 4 furono feriti . I Cappuccini militari ricoprirono vari corpi d’Armata: Gruppo Alpini Reparto Sommozzatori come per esempio P.Fedele da Guarcino – P.Lorenzo da Micigliano – P.Bernardino d’Alatri; Reggimento Fanteria 28° Bersaglieri: P.Angelo da Latera; Reggimento Fanteria II Bersaglieri: fr.Ludovico da Monte San Giovanni; Reggimento XI Fanteria: fr.Ludovico da Trevi; Presidio Aviatori – Lanceri: fr.Roberto da Terranova; III Sezione Areostatica; fr.Angelo da Subiaco; Genio Telegrafista Antiaerea Zona di Guerra: P.Bonaventura da Trevi; IV Battaglione Nuc.Esploratori Zona di Guerra – Distretto Prigionieri Restituiti: P.Urbano da Palliano; Comitato Prigionieri: P.Bonaventura da Poggiobustone; I Granatieri Compagnia XVI Zona di Guerra: Fr.Domenico da Maenza; Ambulanza Fluviale (P.Stanislao da Fiuggi), Motonave Vulcanica (P.Ireneo da Micigliano). Solo per nominarne qualcuno.
Furono inseriti anche nella ambulanze mobili di primo soccorso come nell’ambulanza n.85 P.Giorgio da Riano, Ambulanza n.8 P.Pellegrino d’Alatri, Ambulanza di montagna n.88 P.Luigi da Veroli. Furono allestiti anche Treni-Ospedale per il trasporto di feriti gravi come P.Mariano da Trevi – P.Romano d’Alatri – P.Placido da Porto S.Stefano – P.Fedele da Giuliano – P.Romano d’Alatri – P.Benedetto da Collepardo – P.Pietro da Trevi. Ospedale da Guerra furono curati in modo particolare da P.Benedetto da Segni – P.Fiorenzo d’Alatri – P.Luigi da Fiuggi – P.Ottavio d’Alatri – P.Pio da Collepardo; lo stesso vale per gli Ospedali da Campi a cui si dedicarono diversi padri come P.Benedetto da Triggiano – P.Virgilio da Triggiano – P.Francesco d’Alatri – P.Carlo da Rocca di Papa – P.Isidoro d’Alatri.
Diversi padri furono incaricati di assistenza negli ospedali cosiddetti sanità territoriale distribuiti un po’ in tutta Italia e appartenenti a varie Sezioni Sanità dei Corpi d’Armata. Nell’archivio storico di Via Vittorio Venero di Roma sono conservati numerosi documenti, fotografie, attestati di onorificenza, medaglie e soprattutto due diari di guerra che mettono in risalto non solo l’andamento bellico: attacchi armati, prigionieri, strategie, trincee…ecc., ma in particolar modo raccontano la vita dei cappellani giorno per giorno accanto ai soldati combattenti, feriti, moribondi, bisognosi di conforto e di aiuto.
                      Diario di guerra sul Fronte Giulia - P.Luigi Santesarti
Nel diario storico scritto da P.Luigi Santesarti, cappuccino cappellano della C.R.I., conservato presso l’Archivio della Provincia Romana dei Frati Minori Cappuccini, racconta i 16 mesi passati in zone di guerra in qualità di Tenente-Cappellano dell’84° Sezione di Sanità-Croce Rossa Italiana presso la 47° Divisione. In questo manoscritto che chiamava “taccuino-diario di guerra” in cui egli annotava puntualmente ogni giorno della sua vita trascorsa in P.Luigi Santesartiquel campo, i fatti che accadevano tra i soldati, la sua attività di cappellano che aveva il compito di accrescere e sostenere il morale spirituale e patriottico tra i soldati. Le notizie riportare ci fanno rileggere un pezzo di storia italiana veramente vissuta. P.Luigi amava alternare i suoi scritti aggiungendovi anche delle cartine geografiche, topografiche come la carta di Gorizia o la carta toponomastica di Gorizia-Trieste del Touring Club Italiano, affinché leggendo le sue memorie, si potesse anche visionare i luoghi nei quali avvenivano gli scontri di guerra e capire più facilmente dove in quel momento erano accampati e l’ubicazione delle trincee dei combattimenti. Alcune di queste cartine sono sottolineate dall’autore per evidenziare le battaglie e le linee difensive, lasciandoci un documento unico di inestimabile valore storico, come la mappa con la battaglia della Bainsizza del 18 agosto 1917 dove sono rappresentate divisione e brigate sulla linea del fiume Isonzo.
Questa preziosissima documentazione è corredata da foto, infatti P.Luigi Santesarti si muoveva sui vari campi con addosso la sua macchina fotografica, potremmo dire fu il primo foto-reporter di guerra non solo cappuccino, il quale realizzò ben 206 scatti di luoghi geografici, soldati, ordigni bellici, luoghi di sepoltura, e raccolse via via che si spostava con le truppe cartoline utili per individuare cittadini, paesi e panorami. La narrazione della guerra e del suo operato sono in forma oggettiva senza alcuna critica o sottolineatura, il suo scopo era quello di far conoscere i vari luoghi dove P.Luigi visse la sua esperienza di cappellano, i più importanti fatti di armi a cui aveva preso parte, il servizio del suo ministero sacerdotale svolto con funzioni di culto, l’ufficio notizie, l’assistenza ai feriti e i moribondi e la sepoltura delle salme e sistemazione e la creazione di cimiteri, dove i caduti potessero trovare una degna collocazione.
La parte finale del diario diventa commovente in quanto P.Luigi riportava le comunicazioni epistolari tra lui e i familiari dei caduti in cui emerge il profondo dolore dei parenti delle vittime , e la loro gratitudine e affetto per l’operato del Padre . Così venivano riportate non solo le parole di commozione e di ammirazione, ma anche egli trasmetteva sempre una piantina del luogo dove il caduto veniva sepolto corredato anche da una foto della lapide per dare alla famiglia del soldato un ricordo da portare sempre nei loro cuori. Alla fine del diario sono inseriti 11 attestati e onorificenze date a P.Luigi Santesarti per il suo indimenticabile e prezioso contributo durante l’operato di Cappellano militare della Croce Rossa Italiana.

P.Giorgio da Riano Altro diario è quello scritto da P.Giorgio da Riano, un manoscritto redatto giornalmente nella I Compagnia della Croce Rossa Ambulanza n.85 dal 12 settembre 1915 al 9 agosto 1916. Mese per mese, giorno per giorno Padre Giorgio racconta la sua esperienza in modo soggettivo, riportando episodi accaduti con precisione e senso critico. Era la sua esperienza personale a contatto con i soldati: rincuorare, aiutare, distrarre con regali affettuosi, lenendo i dolori fisici e spirituali, assistere sul punto di morte; così nel leggere le pagine del diario si nota un grande rispetto ed affetto per questi giovani ormai mandati allo sbando su campi di battaglia senza alcun addestramento di fronte e con un nemico di cui essi stessi non sapevano chi fosse.
Il padre cappuccino annotava nomi e cognomi degli assistiti sia feriti che agonizzanti soprattutto di quelli che persero la vita. Nel suo scritto P.Giorgio evidenziava la sua opera spirituale e la sua carica di padre finito in guerra con i soldati. Egli sapeva rincuorare con parole semplice l’animo ormai sfinito dei soldati, P.Giorgio capiva benissimo il loro sacrificio e li spronava giorno dopo giorno ad avere fiducia e a convincerli che prima o poi quella guerra sarebbe finita. La fiducia in Dio era l’arma vera che possedesse il cappellano militare rispetto alle armi della guerra, così molti soldati spinti dalla sue parole si accostavano ai sacramenti e partecipavano con vera fede alle sue messe sul campo. La sua spiccata personalità e la sua disponibilità al sacrificio era molto onorata dagli ufficiali, veniva apprezzato per la sua intelligenza e spesso gli venivano anche affidati incarichi di un certo livello. Il suo interesse era anche militare, attraverso la sua presenza in prima linea, la sua intelligenza gli permetterà di essere stimato dai comandanti che lo portavano in postazioni strategiche. P.Giorgio ha potuto constatare con i suoi occhi la vita dei soldati nelle trincee, ci racconta in una pagina del diario un momento che lo rese pieno di orgoglio quando dovette indossare per la prima volta la giacca da militare e la fascia della Croce Rossa. La sua esperienza nell’ambulanza 85 della C.R.I. è stata così forte, che alla fine dovrà scrivere che la guerra è inutile come follia la morte dei giovani, “bravi italiani”, per una guerra senza logica. Proprio sulla morte dei giovani soldati italiani scriverà un passo molto importante nel suo diario, riguardo la bandiera italiana sulle salme: “Oggi ho ottenuto per la prima volta che si gettasse sopra il feretro dei nostri eroi la bandiera nazionale”. Questo a dimostrare che fu P.Giorgio da Riano a indicare per la prima volta come doveva avvenire la sepoltura dei nostri soldati con picchetto d’onore, che evidentemente fin a quel momento venivano sepolti senza onori patriottici e che invece lui si batté per dar onore, quello che ancora oggi si vede nelle cerimonie funebri di caduti militari, le bare avvolte nel tricolore.

P.Giorgio da Riano Sono inoltre raccontate vicende commoventi e drammatiche come quando un soldato italiano fece prigioniero un soldato austriaco e questi tirando fuori di tasca un rosario riuscì a salvarsi dall’uccisione . Mentre P.Giorgio era accanto ad un moribondo ormai in fin di vita e ascoltava le ultime sue parole, e il soldato gli disse: “Lei è il mio babbo!” . Nella compagnia dove era P.Giorgio c’era un Generale di nome Tralloni, il quale aveva una mania: quando i suoi soldati andavano a combattere sul fronte prima di partire dovevano tagliare i capelli, per questo viene definito ‘ufficiale vigliacco’. Molte volte il nostro cappellano per tirare sù il morale dei soldati riusciva a procurarsi non senza difficoltà casse di birra, molto apprezzate tra i commilitoni che in questo modo potevano distrarsi dall’atrocità della guerra. In certe giornate il padre cappellano aveva delle verie e proprie invettive contro la guerra, evidentemente stando sul luogo e vivendo in prima persona le atrocità che si compivano le definiva ‘le barbarie della guerra’.
Durante l’offensiva sull’Isonzo il Generale a capo delle truppe non riusciva più a orizzontarsi nel percorso, stava sbagliando strada poteva finire nelle mani del nemico, ma P.Giorgio prontamente indicò il punto esatto dove si trovavano in quel momento, riuscendo a mostrare il camminamento corretto.
Sono raccontate anche le visite che furono fatte dai vari personaggi del tempo come Agostino Gemelli, il quale in una sua conferenza volle spronare l’esercito a “difendere questo sacro patrimonio” dicendo che “La patria si concretizza nel cimitero, nella famiglia nell’arte nazionale”.


A conclusione oggi ritrovandoci tra le mani questi diari e sfogliandone le pagine, si rimane scioccati oltre che impressionati nel vedere e leggere ‘la vera Storia italiana sul fronte’. Nessun libro o testo scolastico avrebbe valore di studio se non fossero stati redatti con cura quasi maniacale date, nomi, luoghi, personaggi storici, carte geografiche e foto. Lo scritto quotidiano ci immerge in una tragedia annunciata, in una palese sconfitta dove l’essere umano viene privato di ogni garanzia di sopravvivenza; lì, in quei luoghi non c’era né legge né rispetto per alcuno e così la figura del cappellano emerge con forza in questo caos, riportando una parola, quella di Dio, ad uomini finiti nell’inferno più cupo e desolante, organizzando la loro vita non solo spirituale, ma anche materiale. Il camminare dei soldati lungo le trincee e nelle marce per spostarsi da un luogo a l’altro non avrebbe senso se ad accompagnarli non ci fosse stato uno dei cappellani cappuccini come per esempio P.Giorgio da Riano. Padre Luigi Santesarti, solo per citarne alcuni che hanno marciato con i soldati, hanno combattuto a fianco, li hanno assistiti negli accampamenti, nelle ambulanze e li hanno sepolti nei cimiteri. Questi cappellani militari hanno svolto un compito che forse mai nessuno nella storia dell’umanità avrebbe mai pensato di affrontare: vivere da frati per combattere sul fronte, non con fucili e proiettili, ma con le preghiere vere, sofferte, dolorose per cambiare il truce destino di ragazzi mandati allo sbando da uno Stato italiano che a quel tempo non badava a rispettare le vite che mandava in gioco in una guerra senza logica.


Dott.Giorgio Razzano - Archivista